L’esperienza più incredibile di questo viaggio è passare una settimana ospiti di una Uma (casa) della tribù dei Mentawai, un popolo meraviglioso che vive nel cuore della giungla nell’isola di Siberut, a largo di Sumatra.
Il loro vero nome in realtà è Matta-oi, che letteralmente significa “mangiare cibo crudo”, prima che venisse storpiato da qualche lingua occidentale.
Arrivare a destinazione è già di per sé non banale (giusto 6 ore di traghetto, 2 di pick up, 2 di canoa motorizzata e mezz’ora di trekking - UNA PASSEGGIATA).
il traghetto
il pick up
la canoa
il trekking
Ovviamente non si può andare per conto proprio così come non si può piombare a casa dei Mentawai senza avvisare e senza l’aiuto di una guida del posto (solo pochi di loro infatti parlano l’indonesiano e tantomeno l’inglese, la maggior parte parla solo la lingua mentawai).
Eru, la nostra guida
Originario di Padang, ha passato un anno e mezzo presso la tribù, lavora con loro e per loro.
La considera una seconda famiglia e si vede.
I mentawai sono organizzati per Uma, grandi case di legno, e all’interno di ogni Uma vive una famiglia allargata che consta in genere di una decina di membri, di cui almeno uno o due sciamani (i cosiddetti sikerei), questi sono riconoscibili dai tatuaggi che hanno su tutto il corpo e sono i detentori di incredibili nozioni botaniche, tecniche di caccia, rituali e di una lingua parlata solo dagli sciamani che viene usata per comunicare con la natura, per la quale nutrono un grande rispetto.
Una Uma, abitazione tipica
Uno dei due Sikerei (sciamani) della famiglia che ci ospita.
Il corpo è ricoperto di tatuaggi che rimandano alla vita tribale o ai simboli della natura.
Stando a contatto con questa tribù è facile percepire come siano profondamente interconnessi con l’ambiente che li circonda. I Mentawai si svegliano all’alba e vanno a dormire poco dopo il tramonto, sfruttano la giungla il tanto necessario per sopravvivere: per ogni albero abbattuto ne viene piantato un altro e per ogni animale ucciso viene chiesto il permesso alla foresta - indubbiamente i più devoti ECOLOGISTI mai incontrati.
Non immaginatevi però un popolo totalmente al di fuori della società “moderna”, molti di loro hanno viaggiato e anche studiato all’estero, ma hanno poi deciso di ritornare nella loro giungla, dove non esistono denaro e scarpe, la vita è semplice e i vestiti vengono fabbricati dalla corteccia lavorata.
FUN FACT: Durante una chiacchierata con il nostro sciamano di fiducia, scopriamo che fino ad una quarantina d’anni fa i membri della tribù non avevano un’età assegnata, essi infatti non segnano il passare del tempo, non hanno una concezione di mese o anno. Dunque tutti i Mentawai con più di 40 anni hanno un’età stimata dal governo, che si prese la briga di andare nella giungla e fare una stima per ogni abitante delle Uma prendendo come punti di riferimento grandi terremoti, alluvioni e guerre alla quali fu chiesto anche ai membri della tribù di partecipare. Adesso le forze dell’ordine visitano la giungla con cadenza regolare per assicurarsi che i bambini vadano a scuola, verificare lo stato di salute generale e se vi siano nuovi nati.
Comunque lui c'ha 70 anni e un fisico che noi giovinotti ci SOGNAMO
Un HIGHLIGHT di questa immersione nel loro mondo è sicuramente il tatuaggio made by il “tatuatore ufficiale” della tribù. I Mentawai sono tra i primi ad aver inventato l’arte dei tatuaggi, sono infatti custodi di una delle tecniche più antiche al mondo e tutti qui ne hanno almeno uno. Quando un membro della tribù diviene sciamano viene tatuato su tutto il corpo insieme a sua moglie con dei motivi tradizionali, ognuno dei quali ha un significato legato alla natura o alla vita nella giungla.
OVVIAMENTE non potevamo rimanere indifferenti davanti a questa occasione! Così, con un ago ricavato da una spilla da balia e due bastoncini di legno ci sottoponiamo a questa esperienza, che ci viene presentata come indolore e velocissima, ma SPOILERONE, non lo è!
Si infila l’ago in uno dei due bastoncini, disinfettato col fuoco e bagnato con un inchiostro composto da succo di canna da zucchero e cocco carbonizzato. Con l’altro bastoncino si va a bacchettare il primo in modo da controllare il movimento dell’ago sulla pelle. Una volta concluso, il tatuaggio viene poi ricoperto con dell’altro inchiostro per una mezz’ora in modo da renderlo più scuro e spesso, e infine risciacquato nel fiume con una certa energia (e conseguente intensissimo dolore), infine pulito con un’erba antisettica, che viene ripassata nei giorni successivi.
Io mi faccio tatuare sul polso il simbolo della responsabilità (che, mentre uno sciamano mi bacchetta il braccio con una spilla da balia nel cuore della giungla, mi sembra la scelta più appropriata). Nei giorni successivi quella porzione di pelle si gonfia TANTISSIMO e non riesco manco a sfiorarla... però la sicurezza con cui il BOSS dei TATUAGGI ci spiaccica l’erba antisettica sopra mi fa sentire in una botte di ferro!
Devo dire che però il tatuaggio è PERFETTO
Tatuatore all'opera
Risultato finale oggi
Il tatuaggio è molto carino, non sono morta per via di qualche strana infezione o malattia tropicale...
Molto soddifsfatta!
Un’altra esperienza molto singolare è la spedizione di caccia e pesca in quella che loro chiamano “la giungla vera”, lontana dalle loro abitazioni. Diciamo che questo è un ambiente di cui noi occidentali abbiamo un’immagine senza dubbio molto idealizzata e distorta, figlia di cartoni animati stile Tarzan, con bimbi che volano di liana in liana e animaletti simpatici e inoffensivi...
BEH NON è COSì!
Perchè la giungla, quella vera, quella cattiva, quella piena pericoli di ogni sorta è un posto DIABOLICO, dove ogni suo elemento, vegetale o animale che sia, ti punge, ti graffia o ti morde, fa un caldo insostenibile, il terreno è fangoso, si scivola, ti si attaccano le sanguisughe, ti aggrediscono le zanzare.
Ed è interessante invece notare come i due sciamani che ci fanno da guida non vengano punti da nessun insetto o attaccati da nessuna sanguisuga, oltre al fatto che in generale non sudano o sembrano fare alcun tipo di fatica, mentre noi al contrario arranchiamo annaspando e rantolando dietro di loro madidi di sudore e ricoperti da punture di spine ed insetti.
L’incredibile sfacchinata è ripagata dall’esperienza unica di assistere al rituale che i Mentawai praticano prima di dedicarsi alla caccia e alla pesca, il cui fine è quello di chiedere alla foresta il permesso di attingere alle sue risorse: i Sikerei si accovacciano in una posizione che per me sarebbe davvero difficile mantenere per più di qualche secondo e recitano una sorta di formula cantilenante che dura diverse decine di minuti. Ci ritroviamo partecipi di un quadro surreale, circondati da una giungla tanto bella quanto insidiosa, davanti a noi i due sciamani che pregano rivolti alla foresta nella loro lingua misteriosa, come sfondo un lago che prende le sembianze di uno specchio d’acqua e riflette tutte le mille tonalità di verde che si affacciano su di esso e c’è una sorta di magia e autenticità che avvolge questo momento che faccio davvero fatica a descrivere e che ci lascia silenti e affascinati, forse perché la loro preghiera sembra molto più vera di quelle che ho sentito recitare in chiesa e il loro credo più profondo di quello di qualsiasi cristiano.
La "preghiera" del Sikerei
È bellissimo, e devo dire che in generale la nostra meravigliosa guida, Eru, è attentissima a creare per noi un’esperienza che ci arricchisca e che non sia una gita allo zoo, ci sono state fatte moltissime raccomandazioni su cosa si potesse e non si potesse fare, su cosa avrebbe potuto offendere i membri della tribù e i modi migliori per integrarci nella loro vita.
Penso di poter parlare anche a nome dei miei compagni di viaggio nel dire che essere testimoni di questo modo di approcciarsi alla natura, così semplice e così diverso da quello a cui siamo abituati, sia un'esperienza molto forte e un grande spunto di riflessione.
Siamo così abituati a credere che il nostro modo di vivere, così moderno e occidentale, sia il migliore, che è facile stupirsi davanti alla serenità e ai sorrisi che si incontrano qui, e che vengono da persone che “non possiedono niente” ma che forse in realtà hanno trovato la chiave per una vita felice.
Qualche foto felice di quei giorni magici:
La battuta di pesca
La preparazione del veleno per la caccia
I vermi di sagu, che abbiamo OVVIAMENTE assaggiato
Uno dei Sikerei più anziani
Io e la mia vecchietta Mentawai preferita
Questa è un'esperienza che ovviamente consiglio, ma per la quale lo sforzo fisico che si andrà ad affrontare non è indifferente, così come le capacità di adattamento (dormire per terra, mangiare vermi, insetti e sanguisuche in ogni dove ecc..). Verrà però tutto ampliamente ripagato.
Spesa a testa circa 300€.
VOTO GENERALE: 10
🟢 PAESAGGIO: 10
🟢ECONOMICO: 8
🟢SICUREZZA E ACCOGLIENZA: 10
🟢*FUTTIBECCITÀ : 0 (non essendoci i soldi di mezzo nessuno prova a fregarti)
*futtibeccità: il futtibecciu è un meraviglioso termine coniato dal geniale popolo sassarese (Sassari caput mundi è la mia città di origine) e letteralmente indica una persona che fregherebbe anche un vecchietto, un infame insomma. Questo KPI di ultima generazione fornisce un’analisi approfondita dei tentativi da parte dei locali di ingannare un forestiero.